martedì 10 gennaio 2012

Il posto del fragole (1957)

Il Posto delle Fragole (1957)
Regia di Ingmar Bergman

 

Un vecchio medico si mette in viaggio con la nuora per arrivare nel luogo dove è stata preparata una cerimonia in onore dei suoi cinquant’anni di servizio. Durante il tragitto il dottore troverà “il posto delle fragole”, un luogo che scatenerà una serie di sogni e ricordi del passato, i quali ricostruiranno, procedendo parallelamente al viaggio,  il puzzle della sua vita dimenticata.
Di questa, alcune fasi verranno anche rappresentate da incontri fatti lungo la strada (come quello con i tre giovani o con la coppia sposata). Si ha quasi l’impressione che l’uomo decida di partire in macchina proprio per ritornare, in qualche modo, alle fasi più importanti della sua vita, alle quali da molto non aveva più guardato.

Il tempo cancella la nostra storia e lascia spazio alle delusioni della vita. Diventiamo uomini senza un passato e vaghiamo nel tempo indefinito che sgretola la nostra interiorità e quel lato giovanile (i sentimenti, il senso della vita) che viene sostituito dai solidi giudizi amari e delusi, contemplati da una mente fredda e matura.
Una fragola giovane, fresca. Non proprio una fragola ma il ricordo di essa. Da una pianta di fragole comincia la ricostruzione di quell’io abbandonato, dimenticato. Le fragole come ponte tra noi di oggi e noi di ieri. E sono ancora le fragole ad evidenziare la mancanza del legame tra noi e il nostro passato. È dannoso tagliare i ponti con ciò che eravamo. Quando riusciamo a capirlo il passato ci cambia, diventando un bagaglio costruttivo, senza farci più continuare a vivere come se non fosse mai esistito.
“Una parte di me è morta” dice il dottore: è la sua giovinezza, è ciò che sarebbe dovuto continuare (almeno in parte) e che invece è stato trascurato. È la storia di un vecchio realizzato nel suo lavoro, ma non nella sua interiorità, un uomo che “impara” dalla sua giovinezza.
Nelle immagini dell’ultimo ricordo, quello dei genitori, il protagonista restituisce loro l’affetto ed i momenti che nell’infanzia gli erano stati regalati, e quindi richiude quel cerchio aperto col primo incubo e con il posto delle fragole. Qui il dottore si riavvicina al presente (la madre difatti è ancora in vita) e pone fine al viaggio nella propria memoria. Una memoria forse descritta più dalla riscoperta di sentimenti impolverati che dal ricordo particolare dei fatti.



Valerio Domenico de Cinque

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